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Francesco lo si incontra là dove è testimoniato

Ottocento anni fa iniziava una delle avventure più affascinanti della storia della Chiesa, ma direi visto il riscontro, della società, dell’uomo. Dopo un lungo periodo di gestazione, non privo di difficoltà, l’incontro tra Francesco e Innocenzo – siamo nel mese di aprile del 1209 dà il via al nuovo cammino animato da una “forma vitae” che troverà espressione compiuta e dinamica nella Regola bollata del 1223.
Un’avventura che trova una sua sintesi nelle parole del medievalista Vandenbroucke: “La primavera francescana si inserisce come la risposta provvidenziale a tutte le aspirazioni sgorgate dal più profondo dell’anima cristiana [...]. La storia di Francesco è una delle meglio conosciute.
[...] Tutti, cattolici e non cattolici, credenti e non credenti ne sono stati in ogni tempo toccati. In tutti nasce la sensazione di scoprivi il Vangelo nella sua integrale purezza”. È una scelta universale, raggiunge ogni latitudine; trasversale, tocca ogni persona; parziale, perché non ammette relativismo. Una scelta che Francesco ha vissuto e compiuto: quella del camminare insieme. Eccoci allora ad alcune indicazioni di carattere antropologico: “La chiave di un uomo si trova negli altri: è il contatto con il prossimo che ci illumina su noi stessi, e da questo contatto scaturisce la luce su noi stessi”. Sono le parole di Claudel in “Memorie improvvisate” che sintetizzano la visione della fraternità. Ma anche alcuni adagi popolari: “Se vuoi arrivare primo,corri da solo se vuoi camminare lontano, cammina insieme”. Quindi homo homini frater e non homo homini lupus. Oltre all’indicazione antropologica, questo evento ci dice il senso spirituale di un cammino, sostenuto dalle carezze di Dio: è porre al centro della propria esistenza un itinerario che non è fatto di ascesa ma di discesa.
Nella tradizione greca l’amore era inteso come un partire dal basso verso l’alto, dall’informe alla forma, dall’imperfetto al perfetto. Invece l’amore cristiano e francescano, si manifesta e si rivela nel discendere di Gesù verso l’umanità: il nobile si abbassa all’ignobile, il bello al brutto, il sano al malato senza la paura di perdere qualcosa di sé. Ed è in questo che possiamo comprendere lo scendere da cavallo di Francesco per abbracciare, ma prima ancora guardare negli occhi, il lebbroso. Anche l’indicazione sociologica che emerge dall’avventura francescana è capace di regalarci una nobile suggestione. Non una società gerarchizzata dove l’uno è sopra l’altro, ma una società circolare dove l’uomo è accanto all’altro condividendo la più bella delle esperienze, quella che non lascia l’amaro in bocca: essere l’uno per l’altro. Sono vere allora le parole di Arrigo Levi nel ricordarci che “Dio lo si incontra là dove è testimoniato” e parafrasandolo potremmo dire che Francesco lo si incontra là dove è testimoniato.

Padre Enzo Fortunato
Sacro Convento di San Francesco in Assisi